Il bicilindrico 4 valvole di Moto Morini: tra innovazione e incompiutezza

Negli anni Ottanta, il mondo delle moto era in pieno fermento e innovazione. Tra le case motociclistiche più storiche d’Italia, Moto Morini si trovava a un bivio cruciale. Fondata nel 1937 da Alfonso Morini, l’azienda bolognese era conosciuta per i suoi modelli distintivi e la qualità dei suoi motori. Tuttavia, per rimanere competitiva in un mercato in evoluzione, era necessario rinnovare la propria gamma, aumentando la cilindrata dei motori e puntando su prestazioni più elevate. Questo compito fu affidato a Franco Lambertini, un ingegnere di grande talento, già autore di alcuni dei modelli più iconici dell’azienda.

Il progetto del bicilindrico

Nel marzo del 1985, Lambertini e il suo team iniziarono a lavorare a un progetto ambizioso: un motore bicilindrico a V di 67° con quattro valvole per cilindro e una cilindrata di 720 cm³. L’obiettivo era quello di creare un propulsore in grado di ridefinire gli standard di performance ed efficienza nel settore motociclistico.

Le caratteristiche principali del motore includevano:

  1. Potenza di 85 CV a 8.500 giri.
  2. Peso di soli 53 kg, che garantiva un eccellente rapporto costi/prestazioni.
  3. Prezzo di lancio fissato a 2 milioni di lire, altamente competitivo per l’epoca.
  4. Innovazioni tecniche come il raffreddamento a liquido, un cambio a sei rapporti e una frizione in bagno d’olio.

La dimostrazione e l’interruzione del progetto

Nonostante le specifiche tecniche promettenti, il progetto subì un brusco arresto nel 1987, quando Moto Morini fu acquisita dai fratelli Castiglioni, già proprietari di Ducati. Durante una dimostrazione di 20 ore alla Ducati, il motore impressionò per la sua straordinaria affidabilità, erogando 84 CV costanti senza vibrazioni. Tuttavia, i dirigenti Ducati, a fronte delle loro strategie aziendali e dei modelli già in fase di sviluppo, decisero di interrompere lo sviluppo di questo motore innovativo, lasciando il progetto incompiuto.

Un pezzo di storia di Moto Morini

Prima di essere definitivamente accantonato, il motore bicilindrico fu montato su un prototipo di moto basato sulla Cagiva Elefant. In una prova su strada non ufficiale, il bicilindrico dimostrò prestazioni eccezionali grazie al suo favorevole rapporto peso/potenza e ai consumi ridotti. Lambertini era convinto che, con ulteriori sviluppi, il motore avrebbe potuto raggiungere i 100 CV, consolidandosi come un punto di riferimento per il settore motociclistico.

L’abbandono del progetto rappresentò un’occasione persa per Moto Morini. Il motore era più potente, leggero ed economico rispetto al Ducati 750, il quale aveva un costo superiore del 50%. Se il progetto fosse stato portato a termine, Moto Morini avrebbe potuto posizionarsi in maniera competitiva nel mercato, offrendo un prodotto in grado di competere con le migliori motociclette dell’epoca.

Tecnologie avanzate e potenzialità

Una delle innovazioni più interessanti di questo motore era l’uso della fusione a conchiglia, una tecnica che avrebbe potuto ridurre ulteriormente il peso del propulsore, portandolo sotto i 50 kg. Questa riduzione di peso avrebbe reso il motore ancora più competitivo rispetto ad altri modelli sul mercato, permettendo di ottenere prestazioni superiori senza compromettere l’affidabilità. In un’epoca in cui il design e la leggerezza erano diventati fattori chiave per il successo delle motociclette, il bicilindrico di Moto Morini sembrava avere tutte le carte in regola per emergere.

Oggi, il bicilindrico 4 valvole di Moto Morini rappresenta un capitolo affascinante e in gran parte sconosciuto della storia motociclistica italiana. Sebbene il progetto sia rimasto incompiuto, l’eredità di Lambertini e del suo team è ancora viva tra gli appassionati di moto, che ricordano con nostalgia le potenzialità di un motore che avrebbe potuto cambiare il volto del mercato motociclistico. Le innovazioni tecniche e il design ingegneristico di questo motore sono ancora oggetto di studio e ammirazione, sottolineando la capacità di Moto Morini di essere all’avanguardia nel suo settore, anche in un periodo di grande sfida e cambiamento.

Mirko Gaggioli

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